”Cantieri di Betania” per il 2° anno del cammino sinodale della diocesi di Anagni-Alatri

FOTO TRATTA DA SMARTNEWZ

 INTRODUZIONE ALL’INCONTRO: 

TRACCIA PER MODERATORI 

Siamo chiamati a rileggere quanto emerso in questo 1° anno del cammino sinodale, nel quale sono state evidenziate delle necessità, dei bisogni, delle urgenze, delle domande che non devono rimanere insoddisfatte ma alle quali bisogna dare pronte risposte. – Operatori Pastorali Responsabili, Accoglienti, Aperti. Farsi portavoce dei problemi della Comunità, rapportandosi con le Amministrazioni Locali. – Associazioni, Gruppi, Movimenti autoreferenziali non in sintonia con la Parrocchia. – Valorizzare i Laici dando loro voce attiva nelle varie questioni. – Esercitare la capacità di ascolto verso: famiglie, giovani, altre religioni. – Sacerdoti più disponibili all'ascolto. – Chiesa non solo per pochi eletti, ma casa di tutti. Curare la formazione dei laici attraverso lectio, momenti di formazione, liturgia delle ore che scandisca la giornata in tutto il popolo di Dio. – Liturgia eucaristica più preparata e coinvolgente. – Uffici Diocesani più collaborativi e aperti nella diffusione delle varie iniziative. – Favorire la crescita delle Caritas Parrocchiali. – Sacerdoti più uniti per convergere in obiettivi comuni, seppur nel rispetto delle esigenze delle singole parrocchie. – Creare nelle parrocchie, i Consigli Pastorali, i Consigli degli affari Economici o dove esistono, renderli più funzionali, corresponsabili, coinvolgenti. – Utilizzare il metodo del dialogo, dell'ascolto, del confronto e della condivisione. – Non trascurare la formazione politica. – Non giudicare situazioni, comportamenti, atteggiamenti di persone e/o gruppi. – Sogno Missionario: “Arrivare a tutti”

“Allarga lo spazio della tua tenda” (Is 54,2)

“25. È a un popolo che vive l’esperienza dell’esilio che il profeta rivolge parole che oggi ci aiutano a mettere a fuoco ciò a cui il Signore ci sta chiamando attraverso l’esperienza di una sinodalità vissuta:

«Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti» (Is 54,2). 26. La parola del profeta richiama al popolo in esilio l’esperienza dell’esodo e della traversata del deserto, quando abitava nelle tende, e annuncia la promessa del ritorno alla terra, segno di gioia e di speranza. Per prepararsi, è necessario allargare la tenda, agendo sui tre elementi della sua struttura. Il primo sono i teli, che proteggono dal sole, dal vento e dalla pioggia, delineando uno spazio di vita e di convivialità. Occorre dispiegarli, in modo che possano proteggere anche coloro che ancora si trovano al di fuori di questo spazio, ma che si sentono chiamati a entrarvi. Il secondo elemento strutturale della tenda sono le corde, che tengono insieme i teli.

Devono equilibrare la tensione necessaria a evitare che la tenda si afflosci con la morbidezza che ammortizza i movimenti provocati dal vento. Per questo, se la tenda si allarga, si devono allungare per mantenere la giusta tensione. Infine, il terzo elemento sono i paletti, che ancorano la struttura al suolo e ne assicurano la solidità, ma restano capaci di spostarsi quando si deve piantare la tenda altrove. 27. Ascoltate oggi, queste parole di Isaia ci invitano a immaginare la Chiesa come una tenda, anzi come la tenda del convegno, che accompagnava il popolo durante il cammino nel deserto: è chiamata ad allargarsi, dunque, ma anche a spostarsi. Al suo centro sta il tabernacolo, cioè la presenza del Signore. La tenuta della tenda è assicurata dalla robustezza dei suoi paletti, cioè i fondamenti della fede che non mutano, ma possono essere spostati e piantati in terreni sempre nuovi, in modo che la tenda possa accompagnare il popolo che cammina nella storia. Infine, per non afflosciarsi, la struttura della tenda deve mantenere in equilibrio le diverse spinte e tensioni a cui è sottoposta: una metafora che esprime la necessità del discernimento. È così che molte sintesi immaginano la Chiesa: una dimora ampia, ma non omogenea, capace di dare riparo a tutti, ma aperta, che lascia entrare e uscire (cfr. Gv 10,9), e in movimento verso l’abbraccio con il Padre e con tutti gli altri membri dell’umanità. Allargare la tenda richiede di accogliere altri al suo interno, facendo spazio alla loro diversità.

Comporta quindi la disponibilità a morire a se stessi per amore, ritrovandosi nella e attraverso la relazione con Cristo e con il prossimo: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). La fecondità della Chiesa dipende dall’accettazione di questa morte, che non è però un annientamento, ma un’esperienza di svuotamento di sé per lasciarsi riempire da Cristo attraverso lo Spirito Santo, e dunque un processo attraverso il quale riceviamo in dono relazioni più ricche e legami più profondi con Dio e con l’altro.

È questa l’esperienza della grazia e della trasfigurazione. Per tale ragione l’apostolo Paolo raccomanda: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso» (Fil 2,5-7). È a questa condizione che i membri della Chiesa, ciascuno/a e tutti insieme, diverranno capaci di cooperare con lo Spirito Santo nel compiere la missione assegnata da Gesù Cristo alla sua Chiesa: è un atto liturgico, eucaristico. (Cei Doc. di lavoro per la tappa continentale del sinodo)

È utile ribadire che questo resta un tempo di ascolto e non di letture sistematiche e di risposte pastorali, a cui saranno invece dedicate le successive fasi, sapienziale e profetica. È certo un ascolto “orientato”, per poter raccogliere narrazioni utili a proseguire il cammino; un ascolto che si fa riflessione, in una circolarità feconda tra esperienza e pensiero che comincia ad acquisire gli strumenti con cui costruire le “novità” chieste dallo Spirito. Alla base rimane il lavoro svolto durante il primo anno e la domanda fondamentale del Sinodo universale:

Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, cammina insieme: come questo ‘camminare insieme’ si realizza oggi nella Chiesa? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel  "nostro ‘camminare insieme’?

IL METODO PER L’INCONTRO: TRACCIA PER MODERATORI

Il metodo della conversazione spirituale Già nella prima fase del cammino sinodale, il metodo della “conversazione spirituale” è stato apprezzato per la sua capacità di favorire un’esperienza molto ricca da parte di chi ha partecipato alla prima fase, che era proprio centrata sull’ascolto reciproco e sulla condivisione. Per questa ragione si ritiene appropriato riproporre il metodo della conversazione spirituale per l’attività dei Cantieri e di tutti gli incontri. Dal punto di vista operativo, si suggerisce di articolare il lavoro su un momento iniziale di preghiera, tre diverse fasi di riflessione comune e una conclusione, secondo lo schema fornito qui di seguito:

PREGHIERA INIZIALE L’incontro dovrebbe sempre iniziare con una preghiera, per disporre i partecipanti all’ascolto dello Spirito.

PRIMA FASE: «Prendere la parola» In questa prima fase, ciascuno dei partecipanti condivide, a turno e senza dibattere/ribattere, le sue esperienze rispetto al tema dell’incontro. Il registro utilizzato deve essere quello della narrazione. Al termine, l’animatore propone alcuni minuti di silenzio per preparare la fase successiva.

SECONDA FASE: «Uscire da sé» In questa fase è previsto, di nuovo, che ciascuno, a turno, si esprima su cosa lo ha colpito di ciò che è stato condiviso dagli altri e dica cosa, secondo lui o lei, lo Spirito stia rivelando con quelle parole. Seguono alcuni minuti di silenzio per preparare l’intervento successivo. NOTA: In entrambe queste due fasi si devono mettere al centro le esperienze degli altri e non le proprie: Che cosa colpisce di più di quanto condividono gli altri? Che cosa commuove o sorprende? Che cosa interroga, infastidisce, illumina? Che cosa, effettivamente, tocca le questioni essenziali e apre nuove prospettive di comprensione o azione?

TERZA FASE: «Costruire insieme» In questa fase, alla luce di quanto detto, i partecipanti, interagendo liberamente tra di loro, sono invitati a far emergere gli aspetti che ritengono possano sintetizzare quanto espresso dal gruppo e che vogliono condividere con altri: quali sono gli elementi interessanti, innovativi, illuminanti rispetto all’ambito discusso? Quali ostacoli, difficoltà o preoccupazioni vale la pena segnalare? L’animatore aiuta i partecipanti nella discussione, cercando il consenso su cosa scegliere come frutti dell’incontro (momento di sintesi).

CONCLUSIONE Si conclude con la stessa preghiera usata all’inizio. In seguito, l’animatore raccoglie i materiali dell’incontro.

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